Viaggio nel Ladakh su due ruote di un trialista

Viaggio nel Ladakh su due ruote di un trialista

20 Settembre 2024 12 Di infotrial2020

“Per la stessa ragione del viaggio viaggiare”

In questa frase del brano Khorakhanè Fabrizio de Andrè descrive metaforicamente la vita come il viaggio di uno zingaro, che parte senza meta, così come il destino dell’uomo che non va alla ricerca di una meta ma trova nel senso del viaggiare una ragione di vita.

Un desiderio che arde in Marco Marranci, trialista e medico toscano, che ama viaggiare con mezzi a due ruote.

Stringere un manubrio tra le mani è quel piccolo, ma importante dettaglio, che gli permette di godersi ancora di più ogni viaggio.

Molteplici le sue avventure a due ruote che dal 2019 hanno preso una piega più estrema.

Marco dopo la Scottish Six Days Trials è rimasto affascinato dal Nepal ed ha così visitato quest’angolo dell’Asia Meridionale in bicicletta, avventura che avevamo già descritto in un articolo specifico (CLICCA QUI PER LEGGERLO).

Inoltre, sempre in bicicletta, Alessia e Marco hanno visitato il Vietnam e la Cambogia.

E “per la stessa ragione del viaggio viaggiare” ecco che la nuova avventura che state per leggere è quella nel Ladakh, una regione indipendente dell’Himalaya indiano, che Marco ha visitato insieme alla moglie Alessia su una moto.

Giornate che hanno visto la coppia toscana raggiungere il Passo Umling che con i suoi 5880 metri S.l.m è il passo più alto del mondo che si può transitare.

E dopo questa breve prefazione vi lasciamo alla lettura del viaggio nel Ladakh:

Agosto 2024

Ho proposto a Christian queste nuove righe sul mio ultimo viaggio, perchè credo che tra i fruitori del suo bel sito ci siano molti amanti dell’avventura e se poi l’avventura è principalmente su percorsi in fuoristrada, ci sono due ruote e un motore allora il gioco è fatto.

Devo dire poi che la guida a sinistra mi ha inoltre riportato alla mente l’avventura con Lui alla SSDT del 2019.

In quei 6 giorni di gara in Scozia più volte mi ha ripreso sulla corsia opposta.

Terzo punto Christian è di animo così buono che non mi avrebbe mai negato la pubblicazione di quanto segue.

Quando alcuni mesi fa mi proposero di fare un viaggio in Ladakh vi confesso che non sapevo neppure dove fosse.

Finsi di saperlo ma dopo poco capitolai. Così per evitare ad alcuni di voi di andare a cercare dove mai sia questo Ladakh ve lo dico io.

Il Ladakh è una regione indipendente dell’Himalaya indiano, quindi evidentemente a nord del l’India, caratterizzata da un territorio estremamente montuoso e soprattutto poco esplorato seppure in pieno sviluppo.

Per dare una idea della sua estensione diciamo che la regione del Ladakh è poco meno di un terzo dell’Italia.

Io e mia moglie abbiamo affrontato questa avventura da 1700 chilometri, utilizzando una moto e unendoci alla organizzazione messa a punto da un gruppo di ciclisti capitanati da Stefano Merzi esperto ed appassionato di questo paese dove ormai è stato varie volte negli ultimi 20 anni.

Ho incontrato Stefano per la prima volta a Votigno di Canossa, nella Casa del Tibet di Stefano Dallai esperto spirituale del Tibet che in coppia con l’altro Stefano ci hanno accolto e introdotto all’ultimo momento, in un gruppo che già si era costituito.

In quella serata di presentazione e conoscenza ci furono esposti quelli che sarebbero stati i fondamentali punti del viaggio.

Il supporto organizzativo Ladako è stato basilare ma soprattutto si è rivelato di estrema qualità e affidabilità soprattutto di fronte alle formalità burocratiche.

Questo consisteva in tre jeep e 7 persone tra cuoco autisti e addetti a montare e smontare tende dove avremmo sempre dormito e mangiato.

L’altro elemento importante per affrontare questo viaggio è la consapevolezza di poter fare i conti con il malessere che deriva dall’altitudine. 

Basta pensare che l’aeroporto di riferimento del Ladakh, cioè di Leh, dove si atterra, è a circa 3500 metri sul livello del mare. 

Abbiamo dormito quasi sempre tra i 3800 e i 4400 metri ed in moto abbiamo raggiunto i 5880 metri del passo Umling La.

Sono altezze che superano quella del primo campo base Everest tanto per dare una idea.

Consapevoli di questi due presupposti lo scenario e la bellezza di ciò che ci sta intorno diventa evidentemente irripetibile e appaga qualsiasi sacrificio fisico.

Ma andiamo per ordine perché descritto così questo viaggio può spaventare.

L’avventura deve essere pensata e organizzata nei nostri mesi caldi e difatti noi siamo partiti il 30 luglio e rientrati poco dopo la metà di agosto.

E’ impensabile un periodo molto diverso perchè i passi così alti sarebbero chiusi al transito a causa della neve e del ghiaccio e soprattutto sono da evitare i periodi delle piogge.

Già noi abbiamo trovato residui di neve.

Le strade poi meritano un discorso a parte.

Molte sono ancora sterrate e quelle asfaltate sono tempestate dalle continue frane e invasioni di corsi d’acqua che le devastano, con il risultato che occorre stare molto attenti perchè di asfalto ne resta poco.

Ma anche in questo caso l’organizzazione Ladaka, ma soprattutto la volontà di far emergere questo territorio, si fa viva e così compare qualche ruspa dotata di apripista, sposta la frana e si riparte tutti.

Un esempio?

Qualche anno fa Stefano Merzi e Stefano Dallai rimasero 3 notti in un monastero in attesa del ripristino della viabilità: adesso non accadrebbe.

Questo per dire che se si sceglie un periodo delle piogge la viabilità è troppo spesso compromessa.

La popolazione merita un discorso a parte.

E’ estremamente accogliente e mi verrebbe da dire che nessuno mai ti farebbe del male o comunque nessuno ne approfitterebbe.

Nessuno ti assale per elemosine o altre richieste.

Lo trovo un posto sicuro per muoversi anche quando ti trovi da solo a decine di chilometri da qualsiasi zona più popolata.

L’inglese viene insegnato a scuola e quindi soprattutto la giovane popolazione può essere un riferimento per chiedere indicazioni su strade o altro.

I costi del viaggio: includono il volo aereo dall’italia a Nuova Delhi (circa 700/800 euro) e da lì alla capitale Leh (70 euro).

L’affitto della moto circa 25 euro al giorno.

E poi il team indiano di supporto (1100 euro a testa per il viaggio da noi fatto e per la tipologia del supporto ) che trasportava i bagagli e montava ogni giorno un campo tendato alla fine della tappa programmata dove poi avremmo cenato e dormito.

Abbiamo osservato dei cieli notturni bellissimi e questa foto di Pietro lo dimostra.

Il campo base dovevamo riuscire a trovarlo tutti i giorni solo con le indicazioni della sera precedente o su mappa, dato che in queste zone il telefono non funziona. 

Nessuna rete.

Solo gps con mappe off line.

Si naviga solo così.

Noi abbiamo comunque acquistato una Sim in Leh (a circa 10 euro e valida 1 mese) ma in effetti ha funzionato solo in Nyoma e a Leh.

In tasca bastano pochi spiccioli perché non troverete dove spendere soldi al di là di Leh da dove si parte.

La moneta locale è la Rupia.

Un euro sono al cambio di questo viaggio 90 rupie circa.

La vicinanza del confine cinese si sente moltissimo e la si nota con la presenza di numerosissimi campi militari.

Così come i numerosi Military Post dove occorre rallentare oppure fermarsi mostrando il passaporto in particolare se si vuole raggiungere regioni particolari come la valle del Nubra o il Monastero di Diskit come abbiamo fatto noi.

In quel caso è occorso mostrare un lasciapassare specifico per il passo del Kardung La.

A quello ci ha pensato il team locale messo su da Stefano e capitanato da Dorjey prima che noi arrivassimo, dato che la burocrazia locale l’avrebbe altrimenti mandato per le lunghe.

E’ importante quindi avere chiaro il tragitto da compiere già dai giorni precedenti perchè qualora la decisione fosse dell’ultimo minuto e non programmata probabilmente non avremmo in tempo i permessi per procedere.

Altra regola, non avere fretta specialmente ai controlli militari, niente spazientimenti, perché non si preoccupano dello scorrere delle lancette.

Ma veniamo al viaggio nei dettagli, soprattutto per poi identificare via via nuovi e utili particolari.

Partenza inevitabilmente da Leh perché è qui che si atterra.

La si può raggiungere anche via auto ma attraverso un itinerario burrascoso quanto bello ma enormemente lungo partendo da Nuova Delhi.

Noi abbiamo fatto capo al Oriental Hotel dove siamo stati due giorni per acclimatarci e studiare gli ultimi dettagli insieme al team Ladako e ai componenti italiani.

A Leh potete reperire tutto.

Compresa la moto con cui intraprendere il tour.

Troverete offerte ovunque e prezzi variabili.

Noi ci siamo orientati verso una Royal Enfield del 2024 dal fascino modesto e poco gitano rispetto alle sorelle più anziane.

Una moto nuova con 3300 chilometri.

Qui l’affidabilità del mezzo è fondamentale per i motivi che leggerete ed anche se capita che anche il nuovo si rompe, partire con i migliori  presupposti spesso aiuta.

Il prezzo al giorno lo avevo già descritto ma lo ripeto, 23 euro.

Cifra che scende per gli altri modelli più vecchi ma, vista la cifra, credo sia meglio non rischiare.

Il modello 2024 è dotato poi di un serbatoio con maggior capienza e qui che le stazioni di rifornimento sono rare può essere davvero un toccasana.

Noi ad esempio abbiamo fatto quasi 340 chilometri senza vedere un benzinaio e con la paura di rimanere a secco.

Per fortuna certi piccoli negozi di generi alimentari vendono benzina in bottiglie di plastica.

Una volta abbiamo risolto così alla carenza di carburante.

Il modello 2024 ha poi la presa USB tipo C (grazie Pietro!) che ci ha permesso di caricare continuamente il gps/navigatore impostato su mappe off line scaricate in albergo a Leh quando avevamo wifi.

Questa fu una dritta di Skaldan esperto di rotte e strade.

Ricordate poi che si guida a sinistra.

Al minimo sovrappensiero ti ritrovi in stile Italia ma con un camion o una auto di fronte.

Ovviamente a me è successo.

E più di una volta, ma lo avevo già indirettamente confessato in apertura. Inoltre guidano davvero in maniera estremamente pericolosa e questo rende ancora più importante il mio avvertimento. 

Quanto ai posti visitati, questo vale il viaggio.

In verità però non sono solo le mete raggiunte che valgono il viaggio, ma le strade, i panorami, i colori, gli odori, le bizze del tempo, gli imprevisti, le difficoltà, che in un contesto naturalistico come questo, assumono un sapore così particolare da rendere questo viaggio indimenticabile. 

Vorresti fotografare tutto ma non riesci a mettere in quella immagine il vento, il freddo, la pioggia o a rendere giustizia ai colori impressi dal sole. E neppure la fatica di 10 ore di guida nel niente, contando al massimo 10 macchine della Mahindra e 3 camion coloratissimi e scassati della Tata mentre guidi nel niente sopra i 5000 metri.

E poi arrivava la sera alla ricerca del campo base che dovevamo trovare fidandoci delle indicazioni su carta che ci dava il team Ladako la sera precedente o la mattina stessa.

Una gioia indescrivibile scoprire le tende colorate dopo tanta polvere e affamati applaudire lo Chef che ci ha sempre preparato ottimi piatti!

Mete e posti da noi visti e consigliati per un totale di quasi 1700 chilometri.

A nord di Leh ci siamo diretti al monastero di Diskit e sfiorato la valle del Nubra attraversando il passo del Khardung La a 5359 metri per il quale serve un permesso speciale senza il quale si viene fermati al Military Post e fatti retrocedere.

A est il lago Pangong con colori e sfumature blu che non riuscirei a descrivere, a sud la città di Hanle e poi a seguire il famoso passo Umling La a 5880 metri dove il gruppo dei ciclisti Italiani ha compiuto la scalata e dove abbiamo potuto apprezzare le doti ciclistiche di Stefano Marina Stefania Aldo e dei due Paolo.

Bravi davvero. 

Un esempio di capacità, volontà e testardaggine ricompensate dal successo di essere arrivati lassù.

 A ovest merita il lago Moriri e a seguire il bel monastero di Nyoma e anche il desolante lago Kar sovrastato dall’omonimo monastero.

Come non menzionare poi il rientro da Hanle attraverso lo sterrato infinito che porta in mezzo al lago Chilling e al lago Riull fino al miraggio del villaggio di Nidder.

80 chilometri di polvere fidandosi di una scritta bianca su una pietra nera.

Oppure lo sterrato verso Phobrang, descritto come villaggio e scoperto poi come serie di recinti di sassi abbandonato dai Nomadi.

Oppure il blocco militare sul Marsimik La, convinti di essere in una direzione e invece diretti sulla frontiera cinese.

Di rientro altro monastero, quello di Hemis su in alto.

E poi l’incontro in persona con un discendente del re Ladako.

Accolti nel suo palazzo e serviti con thè e dolci dal suo “personale di corte”.

Questo grazie a Stefano Dallai che con caparbietà e infinito desiderio di conoscenza è riuscito a ottenere l’incontro; come del resto sempre lui spinto dalla medesima caparbietà  ci ha fatto gioire nella consegna del materiale che ci eravamo portati dall’italia ai bimbi della scuola di Sumdo/Puga.

Hanno aperto la scuola appositamente per noi e richiamato all’evento i bimbi in vacanza.

Una festa, con tanto di accoglienza con il canto di “San Martino Campanaro” in Ladako ovviamente… bravo Stefano!

Paolo li ha poi ricompensati con un fantastico spettacolo visual con fischio, mimo e giochi di prestigio. 

Bravo davvero. 

In conclusione, per non annoiarvi e soprattutto per non contraddirmi sul fatto che il Ladakh va visto e non descritto, in quanto impossibile da farsi, vorrei invitarvi a riflettere sul fatto che in certi momenti o certe età della nostra fortunata esistenza, conviene più fare un viaggio piuttosto che una vacanza.

Sta a noi sentirlo.

Marco MarrancI

Alcuni riferimenti utili:

Team Ladako. Il capo è Dorjei della EXTREME ADVENTURE Ladakh ma il fratello Rixin, Scaldam esperto di strade e del territorio e Sonan sono uno migliore dell’altro.

ORIENTAL HOTEL IN LEH below Shanti Stupa

Tel. +911982253153

Supporto alimentare Steadfast Nutrition una linea di prodotti che hanno utilizzato i ciclisti menzionati e pure noi in quota.

GALLERIA FOTOGRAFICA