La culla dei campioni.Trent’anni di minitrial
13 Ottobre 2022Il campionato italiano minitrial compie trent’anni, un torneo dove si sono formati anche piloti vincenti in altre discipline.
Quando si raggiunge la vetta e arriva il successo, è facile dimenticarsi del passato ed anche pensare al futuro.
Vivere il momento è giusto ma non ci si deve sedere sugli allori.
Nella seconda metà degli anni ’80 ed inizio ’90 il trial italiano stava vivendo un periodo meraviglioso.
Diego Bosis, Donato Miglio, Renato Chiaberto e Piero Sembenini, oltre che protagonisti nel campionato italiano, erano spesso nella top ten del mondiale.
Un periodo d’oro nel quale l’Italia riuscì anche a conquistare il titolo iridato a squadre, l’unico nella storia, nel Trial delle Nazioni di Tampere in Finlandia.
Affermazioni che non diedero alla testa all’allora coordinatore trial Gino Caprioli che pensò ad una soluzione per costruire un vivaio di giovani.
Il regionale trial lombardo fu il torneo dove sperimentare il format per poi trasformarlo, nella stagione successiva, in un vero e proprio Campionato Italiano.
Fino ad allora, infatti, non si poteva correre se non dopo aver compiuto l’età per condurre “il cinquantino”.
C’era chi trovava qualche stratagemma per anticipare il debutto in gara, come svelato da alcuni appassionati, che prossimi ai 14 anni presentavano la licenza di qualche amico, ma per i bimbi era impossibile gareggiare.
Nel mese di Aprile 1992 a Cairate Olona, in provincia di Varese, fu organizzata la prima prova del Campionato Italiano Minitrial.
I piloti al via utilizzavano moto monomarcia e a marce ed erano divisi in fasce d’età.
L’attività promozionale non si fermò alle sole gare; la FMI organizzò anche seminari al Centro Tecnico Federale di Polcanto dove, oltre ad un corso teorico pratico, i partecipanti erano seguiti anche da un preparatore atletico che insegnava esercizi di riscaldamento.
Un piccolo gruppo di giovanissimi che comprendeva anche giovani che, a distanza di trent’anni, amano ancora il trial.
Moreno Piazza, vicentino di San Pietro Mussolino, la passione per due ruote l’ha ereditata dal papà Germano che avviò un’ officina e rivendita moto negli anni 80 ed oggi ha rilevato insieme alla sorella Martina.
Ha partecipato al mondiale e all’europeo, vinto in TR2, organizzato mondiali ed è giudice nel mondiale indoor.
Nonostante i numerosi impegni non ha dimenticato le sue origini e segue i giovani trialisti trasmettendogli le basi del trial.
Nei Golden Years del trial è nato anche il movimento femminile e a Cairate Olona debuttò anche la prima bambina.
Valeria Cauda, ad otto anni, iniziò a cimentarsi nelle gare territoriali UISP e poi anche FMI e SAMAR, un torneo quest’ultimo che si svolgeva in Valle d’Aosta.
Piemontese di Trofarello (TO), iniziò con una Mini Beta, poi corse con la Mecatecno a marce e in fine passò alla Beta TR 34, sempre supportata e seguita dal papà Giacomo e dalla mamma Angela.
La sua carriera agonistica proseguì per sette anni, poi dovette rinunciare per concludere il liceo, seguire i corsi universitari ed oggi svolge l’attività di Architetto.
Il trial non l’ha dimenticato ed oggi, quando riesce, va a vedere qualche gara.
Insieme al figlio Leonardo e al marito Andrea, ama cimentarsi nel downhill in modo amatoriale, sfruttando le basi apprese in quelle sette stagioni.
L’idea di Gino Caprioli fu lungimirante perché in trent’anni molti piloti hanno iniziato dai campionati minitrial e hanno poi raggiunto risultati internazionali.
Due esempi lampanti sono: Matteo Grattarola, due volte iridato e pilota più titolato a livello nazionale, e Danilo Petrucci.
Il ternano, infatti, iniziò proprio con il trial e alcune immagini di Petrux, in sella ad una minitrial, si possono trovare ancora sui giornali di allora.
Se oggi l’Italia del trial è protagonista in ambito internazionale è anche merito di quel coordinatore che, oltre a godersi i successi, gettò le basi per il futuro dell’attività.